A Bologna c’è una nostra carissima amica che oggi compie gli anni e che ci chiama affettuosamente gli svarvugliati. Non so bene che dialetto sia, e se di dialetto si tratti. Non ha una facile traduzione la parola svarvugliato, corrisponde più a un insieme di atteggiamenti e di modi di vivere, a un certa sorridente disorganizzazione interna e a un caotico ordine esteriore. Essere svarvugliato è un po’ come essere slegato da tutto ciò che è apparentemente normale; gli svarvugliati di solito sono un po’ incoscienti, giocano leggermente d’azzardo con le faccende della vita, si scontrano con cose più grandi di loro senza per forza entrare nel panico. Esiste una sorta di tranquillità interiore negli svarvugliati, tranquillità che permette loro di vivere apparentemente un po’ fuori dal mondo, apparentemente in modo illogico, ma, in fondo, con una loro coerenza.
Noi svarvugliati, oggi, quattro febbraio, ci troviamo a Chiang Mai nel Nord della Thailandia, patria del Sorriso.
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